Uno dei dossier più completi: Tutto quello che ha fatto infuriare Putin e che non vi hanno mai raccontato.

Dal blog di Francesco Amodeo

Questo articolo propone una versione mai raccontata prima da parte dei media main-stream ma neanche dai maggiori analisti, sulle responsabilità del conflitto tra Russia e Ucraina. Per la prima volta finiscono sotto la lente, in maniera obiettiva e non schierata, tutte le provocazioni ai danni di Putin ed i principali accordi disattesi dagli Stati Uniti, dalla NATO ma anche dal governo ucraino a partire dal 2014 e che hanno portato ad una escalation delle tensioni sfociate col folle gesto di Putin.

Per evitare di finire nel mirino di chi pensa che con questo articolo io voglia giustificare la guerra o la inaccettabile reazione del presidente russo (sono giorni che mi piovono minacce per la versione proposta nei miei video), voglio chiarire alcuni punti fin da subito, facendo a me stesso alcune domande precise.

Francesco Amodeo sei contrario alla guerra?

Assolutamente sì. In tutte le sue forme.

Condanni la reazione di Putin?

La condanno nella maniera più assoluta, ritenendola una risposta spropositata. La guerra non è mai giustificabile.

Chi pensi siano le vittime?

La vera vittima è il popolo ucraino. Popolo fiero, orgoglioso e pacifico. Vittima, tra l’altro, anche delle scelte eterodirette del suo stesso governo.

Perché allora scrivi questo articolo analizzando la questione dal punto di vista di Putin?

Perché ritengo sia indispensabile identificare i responsabili di quanto sta accadendo oltre a quelli che sono evidenti a tutti. E trovo inaccettabilel’atteggiamento dei media italiani, che a reti unificate, stanno analizzando solo un lato della medaglia, quello che riguarda le evidenti e innegabili responsabilità del presidente russo, senza però analizzare tutte le concause e le azioni che quella reazione l’hanno indotta.

E’ inammissibile che in TV vengano chiamati a commentare gli eventi solo analisti che appartengono ufficialmente ad organizzazioni marcatamente filoamericane, dall’Aspen Institute al Bilderberg Group, dalla Commissione Trilaterale, all’Istituto Affari Internazionali, che sono nella maggior parte dei casi organizzazioni nate per tutelare gli interessi degli Stati Uniti, ossia proprio di coloro di cui andrebbero denunciate le responsabilità enormi per quanto sta accadendo. Come adesso vedremo. E’ inaccettabile continuare a tollerare quella che ormai è la prassi rodata dell’uno contro tutti, a cui i media ci hanno ben abituati durante i dibattiti sulla questione vaccinale, dove chi viene chiamato a raccontare l’altro lato della medaglia, quello contrario alla narrazione imposta, finisce al centro di un plotone di esecuzione mediatico, isolato, attaccato e fatto passare per il guerrafondaio di turno. Come se la sua narrazione della realtà, giustificasse in qualche modo le atroci immagini che i media si affrettano a mandare in onda, con un tempismo quantomeno sospetto. Io non ci sto.

Il mio mestiere non è quello di schierarmi con una fazione o con l’altra. Il mio lavoro è quello di darvi tutti gli elementi utili per capire cosa stia accadendo.

Cominciamo allora con l’individuare da dove partono le radici dell’escalation a cui stiamo assistendo oggi in Ucraina.

Partono dal 1991. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine del Patto di Varsavia, la NATO aveva praticamente terminato la sua missione originaria: la funzione anti sovietica.

Quella che prevedeva nel suo statuto, di difendere gli stati membri da una possibile invasione o attacco da parte dell’armata rossa. Una funzione quindi essenzialmente difensiva. La scelta di non sciogliere l’Alleanza Nord Atlantica dopo la fine dell’URSS, l’ha costretta a cambiare pelle e soprattutto a cambiare scopo. Non più quello di difendere da aggressioni i suoi membri.

Quanto poco difensiva fosse la nuova veste lo si è capito fin da subito con l’inizio di operazioni NATO che nulla avevano a che vedere con la necessità di difendere dall’attacco uno stato membro, come dimostrato già nel 1995 in Bosnia, poi nel 1999 in Serbia, quando l’intervento NATO fu portato avanti addirittura senza l’autorizzazione dell’ONU perché gli Stati Uniti non la ritenevano necessaria e nonostante quell’intervento in Kosovo minacciasse gli interessi della Serbia, uno storico alleato prima dell’Unione Sovietica e poi della Russia. A seguire ci furono gli interventi NATO in Afghanistan a più riprese a partire dal 2001.

Non si parla più nei documenti, di difesa in caso di attacco e di pericolo per i paesi membri, ma si cominciano ad usare termini più generici a tratti aleatori. Si parla per esempio di scongiurare “rischi di natura multiforme e multidirezionale”. A mio avviso una supercazzola (passatemi il termine) per giustificare ogni tipo di intervento utile senza dare troppe spiegazioni. Quasi esclusivamente interventi utili agli USA o totalmente inutili, come testimonia la storia degli ultimi decenni.

Con la nuova mission dell’organizzazione, palese ma non ufficiale, già nel 1991, Michail Gorbaciov l’ultimo presidente della dissolta Unione Sovietica, chiese alcune garanzie.

Come riportato dal giornale tedesco Der Spiegel, la natura di queste garanzie sono riportate in un verbale – rinvenuto nei British National Archives – della riunione dei Direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, tenutasi a Bonn, il 6 marzo 1991. Il tema del colloquio era la sicurezza nell’Europa centrale e orientale e i rapporti con la Russia. Davanti all’ipotesi di una richiesta di alcuni Paesi del blocco ex sovietico (Polonia in primis) di entrare a far parte della NATO, inglesi, americani, tedeschi e francesi furono concordi nel ritenerle “inaccettabili”. Venne addirittura tracciato un confine ben preciso oltre cui la NATO non avrebbe dovuto spingersi, che fu indicato nel fiume Oder tra Germania e Polonia. Pertanto, fu specificato che non era possibile “concedere alla Polonia o ad altre Nazioni dell’Europa centrale e orientale la possibilità di aderirvi”. Come riporta Der Spiegel, in quella stessa occasione, il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz, dichiarò:

“Abbiamo ufficialmente promesso all’Unione Sovietica – nei ‘colloqui 2 più 4’, così come in altri contatti bilaterali intercorsi tra Washington e Mosca – che non intendiamo sfruttare, sul piano strategico, il ritiro delle truppe sovietiche dall’ Europa centro-orientale e che l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania né formalmente né informalmente”.

    

Insomma, l’accordo c’era ed era condiviso dai principali soci dell’Alleanza atlantica. Poi “qualcuno” ha deciso unilateralmente, che era meglio dimenticare ogni promessa per inghiottire negli anni l’intera Europa orientale, poi i Paesi baltici, fino ad ipotizzare di spingersi in Ucraina ai confini più diretti con la Russia.

   

Putin ha sempre battuto tantissimo su questa promessa disattesa, arrivando a dichiarare in uno dei suoi ultimi discorsi prima dell’invasione che:

In Occidente non riconoscono più gli accordi firmati dall’Unione Sovietica, neanche quelli che sanciscono i risultati della seconda guerra mondiale, e che invece per noi sono sacri, perché ottenuti con i sacrifici fatti dal nostro popolo sull’altare della vittoria sul nazismo.

    

Qui devo fare una piccola digressione per rispondere all’obiezione che in tanti mi sollevano quando tocco questo argomento:

Non credi che un paese debba essere libero di scegliere a quale alleanza appartenere?

Certo che debba esserlo, ma deve essere consapevole delle conseguenze delle sue scelte nel caso in cui quella libertà metta a rischio la sicurezza di un altro stato. Ve la ricordate la formuletta con cui hanno giustificato la sottrazione di ogni diritto ai non vaccinati? “La tua libertà finisce dove intacca la mia sicurezza” dicevano. Bene! la ratio è esattamente la stessa. Solo che per la questione vaccini era una vergognosa forzatura, perché il non vaccinato non è mai stato realmente un pericolo per il vaccinato. Il fatto, invece, che un paese che confina con la Russia, che sceglie di aderire ad una alleanza nata proprio in funzione anti russa, completamente gestita dal nemico storico dei russi, sia da considerare un pericolo per la loro sicurezza nazionale è purtroppo reale, soprattutto dopo che la NATO ha dimostrato in diverse occasioni, di non essere più quella delle origini con scopo difensivo. Oltre ai casi già menzionati, lo dimostra anche quanto accaduto in IRAQ, dove la scusa erano le armi di distruzione di massa. Per questo motivo, se tu Ucraina porti ai russi il nemico alle porte di casa, sarai anche libera di farlo, ma poi devi considerare di essere trattata tu stessa come un nemico. A meno che non ci sia la volontà internazionale di limitare le preoccupazioni di Mosca con una politica distensiva come quella iniziata a Pratica di Mare, nella base militare italiana nel 2002, dove venne siglato un accordo, anche grazie a Berlusconi (e questo va detto) tra Putin, Bush e la NATO, che da quel momento iniziarono a collaborare. I media mondiali parlarono di accordo che ha “trasformato NATO e Russia da nemici a partner per la pace”. E lo stesso Putin nel suo discorso, sostenne che quella era la strada da perseguire.

Bisognava capire che per far sì che l’Ucraina fosse davvero libera di fare le proprie scelte senza conseguenze. Ad ogni passo dell’Occidente verso l’Ucraina bisogna far coincidere un passo distensivo vero la Russia. Invece ad un certo punto è stato fatto esattamente il contrario. Nel 2014 la Russia è stata estromessa dal G8. Anche per sue responsabilità, ma non solo e non prettamente. Qualche anno dopo sarà costretta ad uscirne definitivamente. E gli USA, la NATO e la stessa UE hanno cominciato a corteggiare l’Ucraina. Questa è stata una politica folle che non poteva che portare ad una escalation militare.

Dal 2014 si comincia a fare di tutto per irritare e preoccupare Mosca con la complicità dell’Ucraina che tanto per iniziare rifiuta l’accordo doganale con la Russia e chiede l’accordo commerciale con l’Unione Europea.

Le preoccupazioni dei russi scompaiono totalmente dall’agenda dei grandi del mondo. Se andate a leggere i resoconti delle riunioni ufficiali del G7 troverete fiumi di pagine su qualsiasi argomento anche sulle esigenze di politiche gender ma pochissime pagine sulle richieste della Russia. Questo almeno nelle riunioni ufficiali. Se invece andate ad analizzate il programma di organizzazioni nate a sostegno dell’imperialismo statunitense come il Bilderberg, troverete il contrasto alla Russia sempre al centro di quella agenda, come una ossessione. E’ questo è ovviamente noto al presidente russo.

Arriviamo al 2014: Viene deposto il presidente ucraino Janukovyc che stava stringendo accordi con Putin – e che quindi nel bene o nel male avrebbe posto fine allo scontro tra Ucraina e Russia – ed arriva al governo un presidente filoeuropeista (leggi filo americano) che chiude ogni accordo con Mosca e apre agli accordi con l’Unione Europea.

E anche in questa occasione, l’obiezione legittima che mi viene spesso sollevata è la seguente:

Non credi che sia giusto che un paese – soprattutto i suoi giovani – aspirino ad un modello di vita e ad un modello economico occidentale?

Assolutamente sì. Tutto legittimo. Anzi io credo fermamente nella volontà di gran parte dei giovani ucraini di aspirare ad un modello diverso. Purtroppo però quella loro legittima aspirazione è stata strumentalizzata per interessi sovranazionali. Sono certo che i giovani ucraini non vogliano finire nella morsa dei russi ma non credo neanche che vogliano essere guidati da un fantoccio filoamericano che porta avanti interessi che nulla hanno a che vedere con quelli del popolo ucraino.

Eppure l’ingerenza degli statunitensi in quei fatti del 2014 non è certamente una teoria del complotto essendo ormai tutto documentato. Non voglio usare la parola golpe, come fanno molti miei colleghi, perché non intendo sminuire il ruolo genuino di una parte della piazza, ma non ci sono dubbi, e lo dimostreremo con dati ufficiali, che il nuovo governo sia stato deciso dagli Stati Uniti e dai suoi partner e la conseguente deriva filoatlantista intrapresa dall’Ucraina a partire dal 2014 è stata completamente eterodiretta.

Pensate che il Parlamento di Kiev nel 2014 ha approvato (credo per la prima volta nella storia) la nomina di cittadini stranieri nel governo. Come ministro delle Finanze hanno scelto la statunitense Natalia Jaresko, soltanto di origine ucraina, ma nata a Chicago, amministratore delegato di un fondo di investimenti. Le hanno concesso la cittadinanza ucraina poco prima di nominarla ministro ma non ha dovuto neanche rinunciare alla doppia cittadinanza americana. Non credo che i ragazzi in piazza volessero un ministro americano. Il ministero dellEconomia è andato ad un banchiere lituano, che ha ricoperto incarichi al Dipartimento di Stato americano.

La cosa assurda è che la scelta dei candidati stranieri per il nuovo esecutivo ucraino è stata seguita da società straniere in particolare la Fondazione Renaissance, del miliardario americano, lo speculatore George Soros. Che secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore avrebbe pagato più di 80 mila dollari per sostenere le società coinvolte nella selezione dei membri del governo. In pratica gli apparati finanziari americani hanno palesemente commissariato il governo ucraino. Tutto questo sotto gli occhi di Putin.

Nell’articolo del Sole 24 Ore si legge addirittura che Soros avrebbe sfacciatamente confessato a Fareed Zacaria della CNN di “aver contribuito a rovesciare il governo filorusso”.

«Una cosa che molte persone le riconoscono – dice Zakaria a Soros in quella intervista – è l’aver finanziato gruppi e attività di dissidenti nell’Est Europa in Polonia e in Repubblica Ceca durante le rivoluzioni del 1989 (caduta del muro di Berlino, fine della Guerra Fredda, dissoluzione dell’Unione sovietica ndr). Sta facendo la stessa cosa in Ucraina?» «Ho una fondazione in Ucraina da prima che l’Ucraina diventasse indipendente dalla Russia – risponde Soros – . Questa fondazione è sempre stata in attività e ha giocato un importante ruolo negli eventi di oggi».

Alla luce di queste evidenze, come si può continuare a parlare della libertà del popolo ucraino di scegliere un modello diverso? Il popolo ucraino nel 2014 ha portato in piazza un proprio legittimo desiderio di cambiamento che è stato però completamente strumentalizzato, pilotato e messo su binari diversi. E con il nuovo governo, emerso da quelle proteste, il popolo ucraino non c’entra assolutamente nulla. 

Nello stesso giorno della formazione di quel governo, filo-occidentale ed eterodiretto è arrivata la notizia da parte dei ministri degli Esteri dei Paesi Nato di nuove misure di sostegno a Kiev. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha annunciato – come riportato dal Sole 24 ore – un accordo per l’attivazione di quattro fondi fiduciari per contribuire all’aggiornamento della logistica e delle capacità di guerra informatica dell’Ucraina. In pratica avrebbero addestrato e finanziato gli ucraini in funzione anti russa, alle porte della Russia, il tutto mentre il presidente Poroshenko prometteva in parlamento un decreto “per concedere la cittadinanza ucraina agli stranieri disposti ad andare a combattere contro i separatisti filo russi nel Donbass. Pensate che Putin potesse tollerare a lungo tutto questo? Avete mai sentito le parole di Poroshenko contro i filorussi dell’Ucraina, pronunciate in questo video?

Noi avremo il lavoro e loro No. Noi avremo le pensioni e loro No. I nostri figli andranno negli asili e nelle scuole mentre i loro vivranno nelle cantine. Noi avremo sussidi per bambini, persone e pensionati e loro No.

Poi ci sono le prove sul coinvolgimento americano nei fatti del 2014 in Ucraina e riportate dal Manifesto in un approfondimento dal titoloI finanziatori della rivolta on demand” che chiama in causa la National Endowment For Democracy, fondata in larga parte dal Congresso americano ma definita braccio economico della Cia attraverso i finanziamenti alle Ong locali.

Nell’articolo viene riportata addirittura l’intercettazione tra l’assistente del Segretario di Stato americano per gli affari europei, Victoria Nuland che comunicava  all’ambasciatore americano a Kiev, che avevano trovato il loro uomo da mettere come primo ministro ad interim dell’Ucraina.

L’ambasciatore Usa a Kiev Geoffrey Pyatt risulta essere uno dei principali artefici del finanziamento americano ai media di Majdan quelli che hanno coperto l’intera vicenda prima e dopo, fomentando e indirizzando la piazza. In pratica Putin, non solo ha assistito al rovesciamento del governo filo russo, ma anche a questa assurda ingerenza e infiltrazione americana tanto nella politica quanto nei media in Ucraina. Da lì è partita la sua reazione con l’annessione della Crimea al fine di mettere al sicuro la popolazione filorussa e le basi militari di Sebastopoli. Come potete ben vedere anche quella reazione potrà essere considerata spropositata ma lo appare ancor di più se non conosciamo le azioni che l’hanno indotta.

Il Manifesto fa una chiosa impeccabile:

A Kiev, potremmo sostenere di aver assistito ad una rivolta che ha visto la manovalanza di piazza dei neonazisti, una classe politica locale filo americana e il Fmi (nonché oligarchi, contro altri oligarchi) giocarsi le proprie carte nella nuova situazione politica creata e determinata dalla piazza e un valente gruppo di comunicatori, messo a disposizione da fondazioni, finanziatori privati e Congresso Usa, capace di guidare la «narrazione» degli eventi e addirittura di «prepararli» a livello mediatico. Molti di questi sostegni, in Ucraina, sono in gestazione da lungo tempo. E sono, appunto, finanziati: dagli Stati Uniti, da tycoon, da ambasciate. A colpire è il miscuglio di fondazioni privati, di miliardari che in altre situazioni, come vedremo, guidano le battaglie per la libertà di espressione e istituti che gli esperti americani hanno identificato fin da subito come apparati dell’intelligence, la Cia.

Intanto a febbraio 2014 a Kiev atterra un tale di nome Joe Biden, con la delega agli affari internazionali ricevuta dal presidente Obama, il motivo della sua visita, portare avanti la politica di avvicinamento dell’Ucraina alla Nato sfruttando il nuovo governo e togliendo potere politico ed economico alla Russia. Ma Biden aveva anche un obiettivo personale da raggiungere attraverso la figura del figlio Hunter, da sempre considerato la pecora nera della famiglia, quello che dai riservisti della Marina fu congedato quello stesso anno perché trovato positivo alla cocaina. Ma utile in quel momento come “prestanome” per gli affari del padre. Hunter infatti viene ingaggiato – sempre in quel 2014- come consulente nel board addirittura della Burisma Holdings la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su gas che petrolio). In quel board c’è anche tale Joseph Cofer Black, l’ex capo del centro antiterrorismo della CIA. A dimostrazione che nel 2014 gli americani avessero infiltrato il governo, i media, ma anche la maggiore società energetica ucraina. Hunter Biden viene assunto con uno stipendio di 50mila dollari al mese. Nello stesso periodo il padre inizia a portare avanti le politiche mirate a far riprendere il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass, divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia ricche di giacimenti di gas non ancora esplorati su cui la Burisma Holdings del figlio vorrebbe mettere le mani.

Intanto nel 2014 e nel 2015 vengono sottoscritti gli accordi di Minsk 1 e 2. Il protocollo di Minsk II prevede la promessa di una riforma costituzionale in Ucraina per definire le maggiori autonomie del Donbass. Ma quella promessa verrà completamente disattesa da parte del governo ucraino.

Intanto stava avvenendo in Ucraina qualcosa che apparentemente non aveva nulla a che fare con la politica ma che invece cambierà il corso degli eventi:

Proprio nel 2015: ossia nel periodo in cui abbiamo visto che gli statunitensi avevano messo le mani sul governo ucraino, sui media, sulle società di comunicazioni e sulle principali aziende energetiche, il rampollo ucraino di una famiglia di origine ebrea diventa il protagonista di una serie TV dove interpreta il ruolo del presidente perfetto che si oppone alla corruzione e si schiera dalla parte del popolo. La serie è girata in Ucraina ma qualcuno scrive con “Know How hollywoodiano”. Un prodotto pluripremiato a livello internazionale. Un successo. 3 stagioni. 3 anni in cui quel personaggio entra nelle case degli ucraini e nel cuore di un popolo semplice e suggestionabile che comincia a sognare un presidente del genere. Nel 2018 il titolo della serie televisiva diventa il nome di un partito politico “servitore del popolo”. Il personaggio della fiction diventa il vero candidato alla presidenza dell’Ucraina. E nel 2019 vince con il 73% dei consensi. La fiction diventa realtà.

Secondo voi tutto questo assomiglia più ad una operazione scientemente organizzata di manipolazione delle masse o una semplice e incredibile coincidenza?

Zelensky durante la campagna elettorale aveva promesso di trovare una soluzione sulla crisi russo/ucraina. Consapevole che il popolo ucraino, al contrario di quello che si racconta, è spaccato in due sul sostegno o meno alla Russia. Vi basterà guardare a questo proposito la cartina con le preferenze di voto del candidato filorusso Yanukovich per notare la netta spaccatura.

Invece cosa fa Zelensky una volta divenuto presidente? annuncia l’intenzione di aderire alla NATO, e all’Unione Europea. E si rifiuta di favorire un’inchiesta sul ruolo di Biden e della Burisma Holding.

Ancora nel 2021 è Putin a fare una serie di proposte alla NATO. Richiede garanzie che ritiene indispensabili per la sicurezza nazionale russa. La NATO e gli USA le rigettano per intero. Decidono di mantenersi rigidi su quella che definiscono “la politica delle porte aperte della NATO” che prevede che qualsiasi paese decida di aderire all’Alleanza Nord Atlantica, deve essere libero di farlo anche se si tratta di paesi dell’est Europa, la cui adesione potrebbe essere considerata un pericolo per la sicurezza nazionale di un altro paese.

Arriviamo così all’escalation del 2022, sfociata con la guerra, ritenuta da Putin “l’unica opzione che gli hanno lasciato i paesi occidentali”. Una scelta estrema dalla quale non possiamo che prendere le massima distanze anche esprimendo tutta la nostra solidarietà al popolo ucraino. Ora però sono sicuro che avrete molti più elementi per giudicare le responsabilità e le concause di quello che sta accadendo.

Concludo ricordandovi che nel mezzo di una guerra che potrebbe far precipitare il mondo in un conflitto mondiale, gestita, secondo i media occidentali, da un folle pronto a tutto. Che cosa fa la UE? decide di armare l’Ucraina. Che cosa fa il presidente Zelensky? chiede di accelerare l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. In pratica decidono tutti di perseverare nell’atteggiamento che ha condotto Putin a quella scelta estrema.

Obiezione: non credi che l’Ucraina debba essere libera di scegliere se entrare o meno nella UE?

Risposta: Certo che debba essere libera di scegliere. Ma siamo sicuri che la tempistica sia quella giusta? Perché fare quella richiesta proprio nel giorno delle trattative per porre fine alla guerra in atto? Cosa e chi intendono provocare?

Ai posteri l’ardua sentenza. Solidarietà al popolo ucraino. NO ALLA GUERRA. 

PS: Ho lasciato aperto questo articolo anche per i non abbonati al mio blog data l’importanza dell’argomento trattato.