Mondi solo ai Poli, non “Oltre i Poli”

Articolo da ExtraPedia

Roberto Morini (fisico nucleare e filosofo)
09 giugno 2018

La parte del titolo, tra virgolette, si rifà al libro di A.F. Giannini “Worlds Beyond the Poles“, di cui ho già parlato in “Terra il Grande Inganno (ultima parte) “. Questo “completamento” è riservato a quei pochi che sono riusciti ad assimilare la reale e, incontrovertibile, configurazione di quello che chiamate “Il nostro Pianeta”, esposta nel succitato articolo. Dal titolo stesso, si può già comprendere il tema principale che esporrò, a conclusione del “ciclo” dedicato al nostro piccolo Universo, tracciato in “Le sette Terre Cave“. Qui, parlerò principalmente del nostro “guscio” comprendente quell’Ecumene geografica che i più, senza la dovuta distinzione con il resto che la compone, sono abituati erroneamente a chiamare: “Terra”, immaginandola anche nei modi assurdi e, alquanto incoerenti, descritti dalla “scienza ufficiale”. In un dialogo di Platone (“Fedone” 108 C), Socrate afferma quanto segue: «Nella terra ci sono molti e meravigliosi luoghi; ed essa non sembra essere né per natura né per grandezza, quale è immaginata da coloro che sono soliti parlarne…»

Guardando a fondo, mi sono chiesto se questo ennesimo articolo (dopo avere promesso di non scriverne altri) non sia stimolato da una mia forma di presunzione, che mi porta, come il solito, a essere sempre “troppo in anticipo rispetto ai tempi”. Anche riportando alla ribalta, temi noti dell’antichità. Quando nel 2010 dimostrai che la cosiddetta “Terra” non ruota, molti risero e, da ignoranti a tutti i livelli, mi affibbiarono l’appellativo di “Complottista” (Che, totalmente fuori luogo nella circostanza specifica, in ogni caso, sarebbe la «Tendenza a progettare complotti e cospirazioni» e non la «Tendenza a vedere complotti dappertutto, anche senza fondamento»). Poi, le evidenze sono notevolmente cambiate e, su questo punto, mi stanno dando ragione. Per il resto, di cui in ogni caso sono certo, vedremo…

Potrei rincuorarmi, perché peggior sorte toccò al bresciano Giovanni Paneroni (Prima metà del ‘900) che, per le stesse idee, subì il carcere e il manicomio. Meglio andò all’imolese Pier Luigi Ighina (Seconda metà del ‘900), che passò solo per un “vecchietto strambo”. Delle inevitabili critiche, allora, sciorinate soprattutto da chi, a mala pena, ha aperto un libro in tutta la sua vita e, per lo sforzo sovrumano, ha immediatamente chiesto la pensione d’invalidità, non me ne frega un “benedetto prospero”, perché il mio mondo è molto, molto, diverso dal vostro…!

Per chiudere la parentesi, rivolgo una raccomandazione a chi vorrebbe continuare, impunemente, a prendere tutti quanti per il culo: “Almeno fatelo con stile!” perché, se è vero, come già annunciato in altra parte, che la stupidità è un virus (Università John Hopkins: «Batterio chiamato ATCV-1»), quindi contagioso, evidentemente c’è anche chi ne è immune. Tanto per fare un esempio, allora, ci dicono che la ISS orbiti tra i «330 km e i 435 km di altitudine», nella Termosfera (Che va «dai 95 km ai 500 km circa di quota»). Se il metodo di rilevamento della temperatura, nella suddetta zona, è attuato attraverso la «Temperatura cinetica delle particelle» e se il valore medio, così rilevato e ufficialmente dichiarato, è pari a «Circa 1300° K (“K” sta per gradi Kelvin che le tabelle di conversione traducono in 1026,85° C)», la ISS può “orbitare solo in uno studio cinematografico, con tanto di piscina” (Luca Parmitano, appena divenuto comandante della Stazione, primo astronauta del SMOCS “Sovrano Militare Ordine della Croce del Sud”, infatti, il 16/07/2013 rischiò d’annegare e non durante una “passeggiata spaziale” come dichiarato. C’è chi riesce a immaginare l’acqua a più di mille gradi, o anche solo a duecento?… ma, per piacere!). Qualcuno dovrebbe rammentare che, l’alluminio, di cui è principalmente composta la Stazione Internazionale (Circa il 91-93% affermato da NASA-ESA) fonde già a 660,32° C. E, non sarebbe nemmeno questo il vero problema, giacché legato a una densità dubbia. Ma, non venite spudoratamente a dirci che «La temperatura misurata da un normale termometro risulterebbe parecchio inferiore (link)», perché se ci fosse qualcosa lassù che orbiti, tra i segnalati 15/20.000 satelliti, oltre la ISS, la cui «[…] carrozza è un’intelaiatura meccanica realizzata di solito in alluminio» (Anche se il 78% di essi, secondo ESRI, già nel 2015 non funzionava più), qualora refrattaria alle cazzate e alle temperature delle impossibili altitudini, sarebbe, in ogni caso, provvisto di sensori atti a rilevare correttamente la temperatura alla rispettiva quota, senza dovere ricorrere a escamotage “cinetici” del cazzo! 

Si noti che «La maggior parte di loro si trova in orbita polare tra i 500 e i 1000 km di altitudine dalla superficie terrestre, mentre i geostazionari si trovano tutti a 36 mila km sulla verticale dell’equatore – Focus 28/06/2002 (Ho salvato l’articolo, rileggendolo più volte, non credendo ai miei occhi!) – Addirittura oltre la metà della dichiarata seconda Fascia di Van Allen, quando si sostiene, altresì, che: «Per questo motivo il posizionamento dell’orbita di un satellite artificiale tenta il più possibile di evitare la presenza delle fasce di Van Allen». Una marea di contraddizioni, sciorinate da un branco di alcolizzati, o dementi, da quando fu impedito, in tutti i modi, al prof. James van Allen di parlare apertamente della sua scoperta. 

Un’altra raccomandazione è fondamentale, per quanti volessero comprendere a fondo quella realtà che nessuno, ufficialmente, si azzarda a porre finalmente in evidenza ma, che ci piomba addosso come un maglio, sia dalla logica osservazione, sia dal passato più remoto. In quest’ultimo caso, occorre un’approfondita riflessione: Platone è stato la maggiore “gola profonda” degli ermetici adepti di quel Pitagora che, si dice, abbia scoperto e, interpretato, la “Scienza di un antico popolo antidiluviano”, traendola dalle incisioni poste su due colonne per preservarla e tramandarla ai posteri. Molti hanno parlato di questa (Passata per) leggenda. L’ultimo è stato lo storico ebraico Giuseppe Flavio: «Essi (I figli di Adamo) furono gli inventori di quella particolare specie di sapienza che riguarda i corpi celesti e il loro ordine. E, per evitare che le loro invenzioni andassero perdute prima che fossero abbastanza note, in base alla predizione di Adamo, secondo cui il mondo doveva essere distrutto prima dal fuoco e una seconda volta dalla violenza e dalla massa delle acque, essi costruirono due pilastri: uno di mattoni e l’altro di pietra. Essi incisero su entrambi le loro scoperte, in modo che se il pilastro di mattoni fosse stato distrutto dall’inondazione, quello di pietra potesse rimanere (“Antichità Giudaiche” I – 2,8)». 

Ora, chi ha tradotto, ritradotto e attualizzato Platone, l’ha fatto alla lettera, senza alterazioni, attingendo sempre dall’originale? Ha lasciato certi passi inalterati, anche laddove potessero sembrare assurdità? Platone, che ha attinto dal libro del pitagorico Filolao, ammesso che ne abbia compresi tutti i contenuti, è stato ligio nel riportare fedelmente quanto in esso contemplato, senza cadere nelle tentazioni d’interpretarlo a modo suo? Filolao, a sua volta, ha ben compreso tutti gli insegnamenti del suo maestro che ha riportato nel suo famoso libro che Platone “pagò una fortuna”? Pitagora, per quanto eclettico, ha interpretato correttamente tutti i contenuti di cui è diventato portavoce? E… per ultimo, l’onestà intellettuale è stata il filo conduttore che ha unito tutti questi passaggi tra indiretti testimoni? 

Tenendo sempre presente, inoltre, che molte parole, col tempo cambiano popolarmente di significato, occorre anche interpretarle secondo l’etimologia che assumevano quando furono pronunciate, o scritte. Si diventa, allora, degli archeologi della verità, scavando a fondo, cercando indizi e, soprattutto facendolo a mente aperta, e senza pregiudizi, perché: «I pitagorici, in obbedienza alla regola di Pitagora circa il riserbo sui misteri divini, adottavano modi di esprimersi il cui senso per i non iniziati era insondabile e occultavano i loro discorsi e i loro scritti sotto il velo dei simboli. E, se questi detti simbolici non sono spiegati, e intesi alla luce di una seria esegesi, quanto essi affermano potrà sembrare, a chi si trovi ad ascoltare, risibile e degno delle storielle raccontate dalle vecchiette, pieno di ciance e di fandonie (Giamblico “La Vita Pitagorica” pagg. 104-105)». Cosicché, a capirci poco o nulla per primo, fu proprio Aristotele, dal quale attinse Tolomeo: «I pitagorici costruiscono un’altra Terra, contrapposta alla nostra, cui attribuiscono il nome di “Anti Terra”; ma in questo non cercano di mettere in relazione le ragioni e le cause con la realtà fenomenica, bensì riconducono forzatamente i fenomeni a certe loro ragioni e opinioni (Aristotele “De Caelo” 293a23-b21)». 

Descrivendo, allora, come ho già fatto e come anche qui farò, l’Universo e quanto in esso contenuto, sappiate che non scopro nulla che non sia, a caratteri cubitali, già tramandato dall’alba dei tempi. La realtà è in bella mostra, e si erge da sola sopra il “calderone” creato da tanti blasonati ciarlatani, zeppo di confusione, falsità e contraddizioni. Tutto è palese ma, è altrettanto vero che la ritrovata realtà, anche se potrebbe apparire frizzante, non piace a tutti, soprattutto laddove vada a scrollare le fondamenta delle caparbie convinzioni degli ignoranti! 

Tanto per fare un altro esempio e, come meglio si vedrà in seguito, l’assurda idea che su un globo ci sia chi, da qualche parte (Magari nell’Anti-Terra pitagorica), stia a testa in giù e, ciò nonostante, resti “incollato” al suolo, è stata tema di studi approfonditi, sviscerati già, per quanto noto, diverse decine di millenni fa. Solo i traduttori moderni post newtoniani, profondamente ignoranti, o plagiati, hanno dedotto che questa forza dovesse chiamarsi: “Gravità”, sconvolgendone così tutti i contenuti. E, tanto per assegnare subito il suo corretto valore a quest’assillante problema: NON ESISTE UN “TESTA IN GIÙ”! Come non esiste che fiumi, mari e oceani restino artigliati, attraverso qualche presupposta forza gravitazionale, ai loro rispettivi fondali, pur essendo agli antipodi, perché, se aveste prestato la dovuta attenzione a ciò che vi è stato tramandato da civiltà molto più avanzate della vostra, senza volere inserire i loro contesti nelle limitazioni delle vostre conoscenze, avreste facilmente dedotto (Anche solo per logica) che di “Terre piatte” ce ne sono due (“Mondi solo ai Poli” appunto!). Una diametralmente opposta all’altra, con il proprio Sole (Anche se un altro riflesso dell’unico Sole centrale), laddove in entrambe si sta a “testa in su”, per lo stesso principio enunciato da Platone: «Tutte queste correnti d’acqua le spinge in su e in giù una sorta di oscillazione che c’è nel seno della terra, oscillazione dovuta a una causa di particolare natura. Tra le voragini della terra ce n’è una, che è la più grande di tutte, e che passa attraverso tutta la terra… e questa, in altri luoghi, Omero e molti altri poeti chiamano “Tartaro”. Infatti, tutti i fiumi s’inabissano dentro questa voragine e poi di nuovo da essa rifluiscono, e ciascuno di essi diventa poi della stessa natura della regione attraverso la quale scorre. La causa per cui queste fiumane s’inabissano e poi di nuovo si riversano fuori, è che tutta questa massa di acque non ha un fondo né un sostegno, e oscilla e fluttua in su e in giù(“Fedone” 111E-112B)»! 

Pongo i punti d’arrivo (Due Terre piatte e due “Soli apparenti”) all’inizio, affinché, con questi possiate seguire meglio le evidenze che esporrò a supporto. 

Ancor prima di Platone, Filolao (Riportato in originale dal dossografo Stobeo) affermava che: «L’ordinamento del mondo è uno, e cominciò a prodursi dal mezzo (Dal Fuoco Centrale), e dal mezzo verso l’alto attraverso gli stessi gradi che in basso. Sono le regioni in alto situate all’opposto del mezzo per quelle in basso. In effetti, per le regioni in basso è la parte più bassa come la più alta, e il resto allo stesso modo. In rapporto al mezzo sono, infatti, le une e le altre negli stessi termini, se non che sono trasposte».

Che la “Terra” sia sferica o piatta, poi, dipende dall’assegnazione, coerente con i precedenti, che si fa del titolo. Quella che voi intendete come “Terra” è piatta ma, non è la stessa che intendevano le antiche civiltà, descrivendola sferica. Riprendendo e completando il dialogo di Platone, accennato all’inizio (“Fedone” 108 C – 110 B), Socrate afferma: «Nella terra ci sono molti e meravigliosi luoghi; ed essa non sembra essere né per natura né per grandezza, quale è immaginata da coloro che sono soliti parlarne, come io fui persuaso da un “tale” (Anassimandro)… Se la terra si guardasse dall’alto, avrebbe lo stesso aspetto delle palle di cuoio fatte di dodici spicchi, variopinta e distinta in colori svariati, rispetto ai quali i colori usati quaggiù dai nostri pittori non sono che immagini». Questa descrizione presuppone chiaramente che “qualcuno” abbia fatto osservazioni dall’alto. 

La prima teoria di cui Socrate fu convinto, infatti, ricalca una delle principali dottrine di Anassimandro, laddove nega anche qualunque inclinazione dimostrando l’inesistenza di un teorico asse (E un’altrettanta inesistente rotazione): «Un oggetto equilibrato, librato nel mezzo di qualcosa uguale a esso, non potrà inclinare da nessun lato né di più né di meno, ma, essendo uniforme, resterà fermo senza inclinarsi. Questa è la prima cosa della quale mi sono persuaso (“Fedone” 109 A)». 

Platone afferma, inoltre, che: «La Terra è qualcosa di straordinariamente grande, e noi abitiamo in una piccola parte che va dal fiume Fasi alle Colonne d’Eracle, stando intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno (“Fedone” 109 A-B)». Non poteva descrivere in modo migliore sia il nostro “guscio”, sia l’Ecumene geografica su cui viviamo (Tenendo presente che le Colonne non sono quelle erroneamente individuate nello Stretto di Gibilterra) ma, non si limita solo a questo. Proseguendo, infatti, pone in evidenza anche le cavità abitate che si trovano all’interno della “Terra”: «E ci sono molti altri uomini che abitano altrove, in molte altre regioni simili a queste. Infatti, intorno (S’intenda all’interno, come specificato da Platone stesso in altra parte) alla Terra ci sono numerose cavità di ogni forma e di ogni grandezza, entro le quali si sono riversate insieme l’acqua, l’aria e la nebbia (“Fedone” 109 A-B)». 

Ippolito, un altro commentatore di Anassimandro, scrive ponendo in evidenza le due Terre piatte: «Secondo Anassimandro, la Terra sarebbe in sospensione non trattenuta da nulla… La sua forma sarebbe tonda… delle due superfici piane una è quella su cui insistiamo noi, l’altra invece è quella che si trova opposta a essa (“I Pitagorici” pagg. 132-133)». Anche il pluralista Empedocle pone una netta distinzione tra i due emisferi e descrive un firmamento cristallino, quello sul quale si rifletterebbe tutto ciò che vediamo in cielo: «Consolidato sarebbe il cielo, da aria condensata dal fuoco, in forma cristallina, racchiudente la componente ignea e quella aerea in ciascuno dei due emisferi (Citazione di Aezio “I Presocratici” II – 11,2)». 

Il poeta Esiodo osserva: «La Terra dista dal Cielo quanto dal Tartaro tenebroso… (“Teogonia” pagg. 720-721)», significando anche qui, che “qualcuno” deve averlo verificato direttamente in qualche modo. E, precisa: «La Terra genera il Cielo “uguale a se stessa” per farsi coprire, e per essere dimora sicura ed eterna per gli dei… (“Teogonia” pagg. 126-128)», quest’osservazione specifica che, se la Terra è solida, anche il cielo è della stessa natura. Mentre la seconda osservazione potrebbe adattarsi anche a un mondo sotterraneo, il concetto di “Tartaro”, utilizzato da Esiodo, va correttamente specificato. Nel linguaggio comune è erroneamente assimilato al mondo dei morti, cioè all’aldilà (Che sa molto di deterrente per gli eventuali curiosi… derivativo dal greco “Ade” e dal romano “Averno”). Orbene, il suo vero significato etimologico è: “Un altro mondo“, che “Sta sotto” (Vero significato di “Inferi” dal latino infërus). E, tanto per rilevare quanto raccomandato in precedenza, ecco cosa capita quando non si sa di cosa si stia parlando: «Secondo Graziano Arrighetti(Grecista italiano 1928-2017), Esiodo rende la posizione spaziale del Tartaro incongruente, dacché mescola descrizioni “orizzontali” e “verticali”, ossia dipinge il luogo come “ai confini della terra” (v. 731) e contemporaneamente come di sotto la terra (v. 720 sgg.). La questione è insormontabile. Nella visione verticale è descritto come una voragine buia, talmente profonda che lasciandovi cadere un’incudine questo avrebbe impiegato nove giorni e nove notti per toccarne il fondo (Tartaro)». Questo è ciò che accade quando si vuole spocchiosamente giudicare attraverso il metro delle proprie limitazioni. Arrighetti faceva meglio a tacere, perché Esiodo ha descritto perfettamente dove si trova il Tartaro, cioè il secondo mondo: alla fine dell’Abisso, dalla parte opposta a quella conosciuta

È in questo modo, purtroppo, che sono sempre andate le cose ed è così che tutti questi “sapientoni” si sono persi lungo la strada della loro presuntuosa e arrogante ciarlataneria, andando a ingrossare le già copiose fila di altri loro pari, togliendo perciò al mondo intero la verità. Questo fa profondamente incazzare! 

Che gli antichi inserissero nei loro messaggi alcuni concetti spesso difficili da comprendere è fuori discussione ma, succede troppo spesso che gli “esperti” perdano il filo del ragionamento semplicemente a causa di un errato approccio al problema. In parole povere, ci si dimentica sempre che, prima di entrare nel dettaglio di un qualsiasi studio etimologico, è necessario avere un corretto quadro generale della dimensione entro cui s’inseriscono determinati concetti “chiave”. E, cominciamo anche a dire “Basta!”, a quanti non sono autorizzati a considerare i popoli antichi “progrediti” quando fa loro comodo, per i noti “copia e incolla”, e “primitivi” quando non riescono a decifrare certi loro messaggi. 

Il “Libro dei Morti” egiziano (Libro o formule per uscire al giorno… o per penetrare nella luce immortale), tanto per rimanere in tema pur focalizzandosi altrove, è una composizione dove sono celate importanti istruzioni per i vivi… per i virtuosi e, (Perché no?) per i nuovi eroi… e, non solo qualche utile formuletta di possibile uso quotidiano! In esso sono descritti tutti i percorsi, le tappe e i passaggi per raggiungere quel “Duat“, o “Altro mondo” (Non l’aldilà dei morti) che ha sempre costituito un rompicapo per gli studiosi. 

Gli egizi lo rappresentavano con una stella a cinque punte delimitata da un cerchio, questo significa che non poteva trovarsi in una zona “aperta” di quell’Universo ufficialmente decantato. Utilizzando questo particolare geroglifico, volevano esprimere graficamente quello che tutti i loro testi mitologici davano per scontato: un altro mondo con il suo cielo. Non a caso si parla di due orizzonti del cielo, laddove il presunto “defunto” doveva passare dall’orizzonte occidentale del cielo, dove si trovava il Monte Manu, a quello orientale sede del Monte Bahu, e ciò avveniva nella “quinta caverna” (“divisione”) del Duat (Una strana correlazione se si pensa che noi insistiamo sul quinto “guscio”). 

Secondo gli egizi rappresentavano due luoghi fisici, dove la volta celeste (Nut) s’incontrava fisicamente e circolarmente con la Terra (Geb) e, proprio su questi monti “gemelli”, posti uno di fronte all’altro, all’estremo Est e all’estremo Ovest di Geb, Nut poggiava mani e piedi. Ed è espressivo anche quello che è considerato un paradosso: “Scendere nelle profondità della Terra per salire in Cielo”, con tanto di mappe lasciate accanto ai defunti per raggiungere “l’aldilà”. Pure certi dialoghi lasciano perplessi: «Le ossa e le sue carni saranno integre, come quelle di uno che non è mai morto; berrà l’acqua del fiume e gli saranno donate delle terre nel Campo di Giunchi(“Libro dei Morti” cap. CI XIV)»; «O questo Campo di Giunchi, i cui mari sono di rame, l’orzo è alto sei cubiti, con spighe di due cubiti e gambi di tre cubiti, mentre il grano è alto sette cubiti con spighe di tre cubiti e gambi di tre cubiti! Dei beati (Nella traduzione è utilizzato il termine “Beatus“, derivativo dal latino, che non può rispecchiare l’originale. In senso laico, indica generalmente uno stato di profondo benessere materiale o psicologico), alti ognuno nove cubiti, li mietono (“Libro dei Morti” CL-CXLIX)»… il cubito egizio misurava circa mezzo metro…

«Fate che apra la caverna ed entri in Rosetau (Un tunnel), e che passi dalle porte misteriose dell’Occidente! Mi daranno allora gallette, brocche di birra, focacce, come ai beati che entrano ed escono da Rosetau (“Libro dei Morti” cap. CXXVI)». Le vie d’accesso, poi, non erano sempre praticabili se non in giorni particolari, principalmente in quelli solstiziali, come nelle tradizioni dei Mangaia (Cook Islands – Nuova Zelanda). Ed erano consigliate le vie sotterranee orientali come le “migliori” percorribili. Allo stesso modo, i miti polinesiani, gran parte di quelli indiani e africani, quelli cinesi, coreani, giapponesi, siberiani e, quasi tutti quelli dei popoli precolombiani, assicurano che la “Via Lattea” (Strettamente collegata alla Terra senza avere nulla da spartire con quell’intesa oggigiorno) era una strada fisica percorribile, a suo tempo, anche da persone in carne e ossa

La “Via Lattea” fu a lungo nota, presso gli egizi e i greci, con «il nome di Eridano, la “Corrente di Oceano” che è tortuosa e si avvolge a spirale (Eridano, tra l’altro, era anche l’antico nome dell’oceano Atlantico, che ha cominciato a chiamarsi così solo a partire dai filosofi latini)». Termini come “Via d’acqua tortuosa”, “Via Lattea”, “Galaxias”, “Okeanos”, “Eridano”, indicano la stessa identica cosa «La Galassia era ed è tuttora la fascia che collega il Nord con il Sud, il “sopra” e il “sotto”… in epoca antica fu Eridano a ricevere in eredità la funzione galattica di collegare il “mondo abitato” con la dimora dei “morti” (In altre parti è l’esatto opposto: “Akenu Seku“, è letteralmente la dimora “degli Imperituri“)situata nel Sud invisibile». Un po’ difficile accostare quanto suddetto con un viaggio ultraterreno dell’anima della cui sopravvivenza gli egizi erano convinti. Naturalmente, anche qui c’è stata tanta confusione, che ha condizionato in modo rovinoso la vita e la morte di questo popolo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 

Lo stesso accadde alla grandiosa civiltà greca. Quando sorse la filosofia, la memoria di determinati fatti antichi era ormai sbiadita, e molte erano le opinioni che uscivano dalla mente degli intellettuali. Verso la metà del primo millennio a.C., nel momento in cui Talete, Pitagora e Platone cominciarono a interrogarsi seriamente sulla bontà dell’antica sapienza di cui erano entrati in possesso, le dicerie sui fatti antichi erano molteplici, ma ciò non precluse alle loro menti brillanti la capacità di farsi un’idea ben chiara della vera struttura del mondo. Lo stesso Pitagora, d’altra parte, era ben cosciente che la sapienza era una sola e, soprattutto, che proveniva da un’unica fonte primigenia…

Fortunatamente, le “panzaneghe”, com’era solito definirle Paneroni, hanno sempre avuto la “vita breve” e, nel tempo, oltre alle dicerie degli imbroglioni sono stati smascherati anche tanti farabutti e truffatori. Com’è accaduto con Einstein (Per i dettagli si veda “Terra il Grande Inganno (seconda parte)“), così cadono i falsi miti di Galileo, Copernico, Keplero, Newton e tanti altri. Basta trovare le giuste fonti informative. Così come cade la tanto sbandierata persecuzione di Galileo: «Ma vi furono esempii, dirà taluno, in cui la Chiesa e il Pontefice ed i Gesuiti perseguitarono le scienze nella persona del Galileo. Io rispondo che né la Chiesa, né il Papa, né i Gesuiti perseguitarono Galileo sulla sua scienza. S’ei fu censurato dalla corte di Roma non avvenne per la scienza, ch’ei professava, ma per la sua ostinazione nel mancare a un ordine della stessa corte di Roma, ordine che consisteva nel limitare la teoria sua alla sola scienza e a non tentare di provarla colla autorità delle Sante Scritture. Galileo disubbedì, e fu molestato per aver egli censurata la corte di Roma. Del resto anche in ciò fu trattato con tutta dolcezza, e con tutta dolcezza Roma procedette nel censurare la teoria di Galileo; da poiché sappiamo che una tal teoria era stata già pubblicata in Roma: qualche secol prima il cardinale Cusano l’avea conosciuta… Uno dei cardinali con suo speciale peculio fece pubblicare il di lui sistema che provava il moto della terra attorno al sole, e l’opera fu dedicata a Paolo III colla approvazione del Papa. Così a Roma cominciò e maturossi una teoria che taluni vorrebbero far credere fosse dichiarata eresia: e abbiamo veduto quanto fosse patrocinata; e giammai si sarebbe dedicata al Papa un’opera contenente un principio ereticale (Raccolta “L’Educatore” diretto dai sacerdoti Domenico Zanelli e Stefano Ciccolini. Anno I, pubblicazione del 29/05/1847, pag. 171). 

«Ogni scoperta di Galileo Galilei: il termometro (È opera di Giovanni Francesco Sagredo. Wikipedia si rifugia nel vago: «Probabilmente inventato da Galileo»), la bussola (Inventata da Baldassarre Capra), il telescopio (È dato certo che ben tre inventori olandesi Zacharia Jansen nel 1604, Hans Lippershey e Christiaan Huygens nel 1608 reclamarono la paternità di tale invenzione, compreso il brevetto) è accompagnata da accuse di plagio, truffa, frode e denunce da parte di altri scienziati (Come Santorio Santorio e Filippo Salviati, tutti caduti nell’oblio). Ed è opportuno ricordare che, Galileo, un anno prima della sua morte rigettò il sistema eliocentrico, affermando che non c’erano prove effettive che dimostrassero un moto terrestre (Fabrizio Gennari “La Terra non è una sfera” ed. 2018)». 

Parlando di Copernico e della sua opera “De revolutionibus orbium coelestium“, «Nell’introduzione, il suo collaboratore Andrea Osiander, aggiunge di suo pugno che “La Teoria Eliocentrica di Copernico costituisce un mero esercizio matematico”, da applicare semplicemente per la previsione della posizione dei pianeti ma non necessariamente aderente al vero. Cristoforo Clavio, gesuita del XVI secolo, dichiarò: “La teoria copernicana contiene molte affermazioni assurde o errate”, nonostante considerasse valida la teoria di Tolomeo, fu lui che inserì l’astronomia (in versione eliocentrica e da insegnare al popolo) nei programmi di studi dei Gesuiti, sotto la cui “ala”, dal 1592, crebbe la notorietà di Galileo, che non fu nemmeno il primo a scoprire i satelliti di Giove. Nove giorni prima di lui (Il 29 dicembre 1609) furono scoperti da Simon Marius Ansbach». «Galileo, al pari di Newton, fu un personaggio totalmente costruito dal padre priore Giovanni Paolo Sarpi, aristocratico della potente Nobiltà veneziana (Ancora Fabrizio Gennari op. cit.)». 

Quest’altra parentesi ha posto in evidenza un altro problema incalzante: il sistema è eliocentrico, o geocentrico? La risposta inequivocabile è: “Eliocentrico!“, ma il vero Sole non è quel “fantasma” che considerate abitualmente. E, pur essendo al centro, nulla di fisico orbita attorno a esso. La confusione, allora, non sta in ciò che io sto dicendo ma, in ciò che è stato detto, soprattutto mal tradotto, poi scritto e, insegnato per secoli, il tutto condito con tanta fantasiosa ipocrisia e altrettanta matematica… e, senza l’ardita, o competente, opposizione di qualcuno all’interno della stessa comunità scientifica! Tutti sempre pronti a coprirsi le spalle l’un l’altro. E, non basta, ci sono anche i “rimbambiti” in buona fede che danno manforte. Mi riferisco a quanti, per esempio, insegnano “Cosa succede quando i raggi solari colpiscono la superficie terrestre con inclinazioni diverse” (Link), simulando, nella dimostrazione didattica, il Sole con una torcia, dando prova, così, involontariamente, della sua vera forma bidimensionale…

Quanto riferito da Aezio (“I Presocratici” II-20,12) a proposito di un’osservazione di Filolao sul Sole, fa dire allo sprovveduto, che evito di nominare per la convinta buonafede: «Non c’è alcun dubbio che un’idea così stravagante sembra essere uscita dalla testa di un uomo privo di senno». Chi è privo di senno è proprio lo stesso che si erge a giudice di un’affermazione, tanto ovvia, quanto scontata: «Per Filolao, il Pitagorico, vitreiforme (sarebbe) il sole, che riceverebbe il riflesso del fuoco nel mondo, e ne filtrerebbe su di noi la luce e insieme la caldura, sicché in certo modo si avrebbe una duplicità di soli: il fattore igneo nel cielo e quello igniforme per via di esso, in base alla sua specularità». Filolao definisce il “Fuoco Centrale” (Il vero Sole) come la struttura portante dell’intero Kosmos, lo “scafo del Tutto”, o “la chiglia del Tutto”: «Il principio guida, nel fuoco dell’esatto mezzo, a guisa di chiglia, il dio fattore premise alla (sfera) del Tutto… (Citazioni di Teofrasto e Posidonio “I Presocratici” pagg. 478-479)». 

Secondo Empedocle: «Il sole di natura non è fuoco ma riflesso del fuoco… (Citazione di Teofrasto “I Presocratici” pagg. 330-331)». Quello che è decisivo, tuttavia, per comprendere a fondo l’estensione dell’Ecumene geografica dell’uno e dell’altro emisfero, lo afferma ancora Empedocle in modo inequivocabile «Il corso orbitale del sole descriverebbe la circonferenza del limite del mondo(Citazione di Aezio “I Presocratici” II – 1,4)». 

Di Soli apparenti, poi, senza tenere conto dei rispettivi “fantasmi” rifratti dall’atmosfera, ce ne sono due, com’è ovvio che sia e come meglio tratterò nelle conclusioni. Sempre secondo Empedocle «Due sono i soli: uno archetipico, che sarebbe fuoco in uno dei due emisferi del mondo e che riempirebbe completamente di sé l’emisfero, situato sempre in opposizione al suo riflesso… (Citazione di Aezio “I Presocratici” II-20,13 e II-21,2)». 

Anche se le ipotesi di Plinio il Giovane appaiono a lui stesso assurde, laddove parla degli Iperborei, c’è un particolare interessante che è dato per certo e ben conosciuto: «Alcuni autori collocano gli Iperborei nella zona costiera dell’Asia più lontana da noi, invece che in Europa, perché lì, simile anche per posizione geografica, vive il popolo degli Attacori. Altri li vogliono a metà strada tra i due Soli, quello che tramonta agli antipodi e quello che sorge per noi, ma ciò è impossibile nel modo più assoluto; un’enorme distesa di mare si frappone (“Storia Naturale” IV, 90)». 

Mentre la Luna merita un’osservazione a parte, che esporrò nelle conclusioni, accertato che abbiamo a che fare con un possibile riflesso che, al pari delle “stelle”, non può muoversi di moto proprio, occorre individuarne il “motore”. Chiaramente, a tutti è sembrato più consono descrivere il fluire dell’energia equiparandola allo “scorrere delle acque”, in ossequio al pensiero sempre imperante di Talete «Così si spiega il ricorso all’acqua per l’interpretazione d’innumerevoli altri fenomeni (Citazione di Aristotele “I Presocratici” Diels-Kranz 11-A 12)». Quest’energia altro non è se non quel vortice conico prodotto da Okeanos, che delimita l’estensione dell’Ecumene geografica dell’uno e dell’altro emisfero, come affermato da Empedocle e che è bene ripetere: «Il corso orbitale del sole descriverebbe la circonferenza del limite del mondo (Citazione di Aezio “I Presocratici” II-1,4)». 

Così, Platone, nel Fedone, parlando delle “vie fluviali” fa una diversificazione che potrebbe essere difficile cogliere, se non si tiene conto di quanto appena suddetto. Una sottile distinzione ma basilare: «E ai fiumi è possibile, e da una parte e dall’altra, scendere giù fino al centro della Terra, ma non oltre, in quanto, per ambedue le correnti il luogo che è dalla parte opposta è assai ripido. Ci sono molti altri grandi fiumi e di specie diversa, ma tra questi ve ne sono quattro particolari, dei quali il più grande, che scorre tutto attorno alla Terra, si chiama “Okeanos” (112 D-E)». “Da una parte e dall’altra” si riferisce alle due Terre piatte da cui i fiumi d’acqua si riversano nella cavità (Abisso) per poi refluire. Platone chiama sempre “fiumi” anche quelli di energia, limitandosi a rilevare che sono “di specie diversa“. Okeanos, infatti, è l’unico “fiume” che dalla Terra piatta posta agli antipodi, arriva fino al nostro Cielo, «[…] attorcigliandosi (Lungo la cavità, o Abisso) intorno a essa come fanno i serpenti (112 D-E)». Per questo, nella Grecia classica, Okeanos era spesso assimilato a Ofione, il mitico serpente co-creatore (Con Eurinome, “Dea di tutte le Cose”) del “Kosmos” e suo preservatore: «[…] Per ordine della dea, Ofione si arrotolò sette volte intorno all’Uovo, finché questo si schiuse e uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome… (R. Graves “I Miti Greci” pag. 21)». 

I Babilonesi lo chiamavano “Fiume salato” ponendo in rilievo le sue proprietà elettromagnetiche. Anche Omero, principalmente nella “Iliade” e, in parte nella “Odissea” attribuisce a “Okeanos” particolari caratteristiche, che lo contraddistinguono come “fiume di energia”: «L’Okeanos scorre quietamente, salendo verso il Cielo (“Iliade” VII – 422-423)»; «L’Okeanos scorre all’indietro (“Iliade” XVIII – 399 e in “Odissea” X – 65)»; «Okeanos profondo che scorre senza rumore (“Odissea” XIX – 434)». Il mito omerico è «[…] una versione leggermente modificata del mito pelasgico della creazione, poiché Teti regnava sul mare come Eurinome, e Okeanos avvolgeva l’universo a somiglianza di Ofione (R. Graves “I Miti Greci” pag. 24 – nota 1)». Qualcosa di simile è rilevato anche, più recentemente, dal grande scrittore marathi Bâl Gangadhar Tilak (Soprannominato “Lokamanya“, cioè “Onorato in tutto il mondo”), nella sua opera “The Arctic Home in the Vedas” (Pubblicata nel 1903), laddove l’energia è ancora una volta assimilata a un fiume d’acqua: «Le acque dell’aria fanno muovere i corpi celesti come una barca che è trascinata via dalla corrente di un fiume… se le acque cessassero di scorrere, le conseguenze sarebbero molto gravi, perché il sole, la luna e le stelle, cesserebbero di sorgere e il mondo piomberebbe nell’oscurità (Pag. 196)». La descrizione del bramino, a parte l’inclusione della Luna, è perfetta per spiegare il meccanismo alla base di tutti i movimenti apparenti che ci ruotano sopra la testa. 

Questi non sono i soli riscontri. Poco tempo fa, mentre stavo elaborando gli appunti su questo “fiume che arriva fino al Cielo“, mi è giunta una telefonata da un fraterno amico (Pasquale Galasso, tanto per non fare nomi) che mi ha esposto una sua brillante, e del tutto indipendente, intuizione, legata a un tema biblico fondamentale: «Un fiume usciva da Eden per irrigare il Giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi…» e mi ha suggerito di visionare un video, pubblicato sul canale YouTube di Dino Tinelli: “Animazione delle maree” che, secondo lui, dimostrava come i richiamati fiumi biblici non fossero d’acqua, ma di energia. Questo, che non mi ha stupito più di tanto, è stato un ulteriore e, valido, contributo per riportare tante incongruenze nella loro vera dimensione. Oltretutto, mi ha rammentato gli studi, fatti più di un anno fa, sulla Tavola Settenaria, cosiddetta di “Abacus”, che tutto è tranne un metodo per ottenere i numeri del lotto. 

Questa Tavola, realizzata da una o più menti eccelse per comprendere tutto sull’Universo, cela in sé novanta “chiavi”, o “codici”, annidati anche uno dentro l’altro. Quando s’individuano i due Poli, equidistanti tra loro, e si scopre la Chiave del “14” (Regolatore infallibile degli avvenimenti), si manifestano in tutta la loro influenza sia Okeanos, sia i quattro “fiumi” che nascono dal medesimo. È, altresì, interessante notare, una volta disposte le sequenze numeriche nel giusto ordine, come, nello scorrere tra un Polo e l’altro (Quindi all’interno dell’Abisso), le quattro correnti (Due positive e due negative) s’intreccino, scambiandosi reciprocamente, ogni volta, le polarità nel loro corso infinito. Un’altra particolarità avvincente è data dalla trasformazione della Tavola bidimensionale in 3D, unendo i numeri corrispondenti. Quello che emerge è una sfera, schiacciata ai Poli, tanto da essere piatti, laddove il polo nord è meno vasto che quello sud. Si potrebbe dire che il nostro “guscio”, così rappresentato, assomigli a una mela alla quale è stato tolto il torsolo. 

Mi avvio alle conclusioni senza dare, qui, conto di una sconosciuta civiltà definita, in età moderna, “Megalitica” (Alexander Thom, Oxford University), o “Della ceramica a solchi” (Alexander Marshack, Martin Brennan, Colin Renfrew e altri), i cui scienziati, «Dividevano il cerchio in 366 gradi e, migliaia di anni prima degli egizi e dei sumeri, avevano già calcolato la velocità della luce, le dimensioni della Terra, della Luna e del Sole, e il rapporto tra le loro distanze (Christopher Knight – Robert Lomas)». Anche se il sistema di misurazione utilizzato, definito dal prof. Thom “Iarda Megalitica”, può avere influenzato la civiltà minoica «366 iarde megalitiche equivalgono esattamente a 1000 piedi minoici (J. Walter Graham)», quella egizia «Un cerchio col diametro di mezzo cubito reale avrebbe una circonferenza pari a una iarda megalitica (Steve Berry, Alan Butler)», e la più recente cultura templare, il motivo per cui non approfondisco è semplice: le conoscenze di questa civiltà sono state oggetto di storpiature e vergognose speculazioni, per coprire e avvalorare le grettezze della moderna scienza ufficiale! Le implicazioni di queste sconvolgenti manipolazioni vanno ben oltre il fascino di aver scoperto una preistorica super-scienza: indicano, infatti, l’esistenza di un grande piano che ha avuto, e ha, conseguenze teologiche e scientifiche d’immensa portata. 

Poste le basi, vediamo di ricapitolare i punti, per rendere il tutto ancora più comprensibile. 

L’Universo. Il nostro “piccolo” Universo è assolutamente antropocentrico. È a “buccia di cipolla”, composto di sette “gusci”, ognuno dei quali ha un suo firmamento solido, caratteristico e funzionale per la verticalizzazione dell’evoluzione «”[…] emersioni in superficie attraversando cieli solidi” (Dai miti di tutti i popoli della Terra)». “Piccolo” si fa per dire, qualora confrontato con le baggianate delle migliaia di anni luce, che continuano a confezionarci, per farci sentire delle nullità, quando è l’esatto opposto. La cosmografia induista, esposta nei Purana, azzarda delle dimensioni che potrebbero anche essere reali, viste nell’insieme delle loro acquisite conoscenze e reggerebbero un diametro di 500.000.000 di yojana (Che sappiamo ricondurre, solo per approssimazione, a circa 6,5 miliardi di chilometri, secondo “l’Enciclopedia dell’Induismo-2001” del sacerdote cattolico Klaus K. Klostermaier). Il centro dell’Universo, dal quale tutto ha avuto origine «L’ordinamento del mondo è uno, e cominciò a prodursi dal mezzo…», è il Fuoco Centrale «L’unico vero sole che illumina i mondi» e si estende e termina col settimo “firmamento”, che è di pura energia. Come già accennato, e meglio descritto anche in seguito, c’è una netta separazione tra i cinque “gusci” iniziali (Dei quali i primi tre sarebbero stati distrutti da vari cataclismi, secondo i miti Navajo) e i due restanti superiori, che creano un parallelo con il “Duat” egizio. 

La Terra.

La Terra. Intesa come la comprendevano gli antichi, anche se Erodoto, di un solo secolo posteriore ad Anassimandro, affermava: «Mi viene da ridere quando vedo che molti hanno già tracciato varie figurazioni della terra, ma nessuno ne ha data una spiegazione ragionevole… (“Storie” IV, 36 e 42)», per Platone «La Terra è qualcosa di straordinariamente grande» che è ha «[…] lo stesso aspetto delle palle di cuoio…». Rotonda, quindi, e schiacciata ai Poli, non è da confondere con quell’Ecumene geografica piatta che pone in evidenza d’appresso «[…] noi abitiamo una piccola parte…», laddove viviamo come dei “reclusi” «[…] stando intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno». Anassimandro, riferendosi alla Terra, come al nostro quinto “guscio”, ne esclude categoricamente qualsiasi inclinazione, com’è ovvio che sia, giacché l’inclinazione dei raggi solari sono in diretta dipendenza dalle caratteristiche e, dalla forma, della fonte «[…] essendo uniforme, resterà fermo senza inclinarsi» e lo pone in equilibrio, al centro del relativo firmamento «Se la Terra sta nel mezzo del cielo ed è rotonda, non le occorre né l’aria per non cadere, né altra necessità del genere, perché a trattenerla è sufficiente l’uguaglianza del cielo con se stesso…».

Nulla vieta, però, che questo “guscio” sia stretto in una morsa di ghiaccio, vista l’esigua distanza dal suo firmamento solido. Questo, spiegherebbe molti aspetti: il firmamento inteso come una cupola (Si veda anche la rappresentazione data dagli antichi egizi); l’impossibilità di raggiungere quell’Ecumene geografica, opposta a quella conosciuta, se non affrontando tutte le peripezie di un viaggio all’interno della Terra; il Diluvio universale, che può avere interessato diversi “gusci” e il ciclico scorrimento della litosfera, concomitanti con particolari periodi, come quello recentemente rilevato, laddove la stretta potrebbe temporaneamente allentarsi, perché: «Sul bordo tra il Core e il mantello, sul CMB (Sul Core Mantle Boundary, abbreviato CMB) il calore è due, tre volte, superiore a quello che si credeva prima e maggiore di quello che il mantello può trasmettere su alla crosta per convenzione».

Qualcuno potrebbe anche osservare: “E le comete?”. Ammassi di ghiaccio che, di tanto in tanto, si staccano dalle pareti della cupola fittizia e finiscono attratti dagli effetti del vortice, che le rasenta, provocato da Okeanos. Comete con orbite paraboliche, iperboliche, ellittiche, sono tutte cazzate che nemmeno prendo in considerazione. Ammesso e, non concesso che lo spazio sia infinito, perché l’Ecumene geografica è ermeticamente chiusa e conosciamo pressappoco le sue dimensioni, qualcuno riesce a immaginare come si potrebbe identificare la stessa cometa (L’unica classificata periodica è la “153P/Ikeya-Zhang“) che torna dalla sua “lunga orbita ellittica” ogni 366 anni? Per caso l’hanno targata per riconoscerla con certezza? E poi, perché proprio questo numero che, come abbiamo visto, chiama direttamente in causa la civiltà megalitica? 

E, già che ci siamo, perché non parliamo anche di asteroidi, meteoriti e stupidaggini del genere? Non c’è nulla di “Potentially Hazardous Asteroids” (PHAs) che orbiti alle assurde distanze dichiarate («LD = “Lunar Distance” 1 LD = 384.401 Km» – «AU = “Unità Astronomiche” 1 AU = 149.597.870,700 Km equivalente alla dichiarata distanza media tra la Terra e il Sole»), o che rasenti la Terra, per lo stesso motivo morfologico e dimensionale appena detto. Le ragioni per cui è mantenuta sempre attiva l’attenzione su questi eventi fantasiosi, rientra nel solito gioco perverso che serve per alimentare costantemente la paura, instillando, nelle menti ormai assuefatte, l’immagine di una fragilità di fatto inesistente, e… per continuare a spillare denaro pubblico! Il nostro firmamento solido (O la “volta” che dir si voglia) è a “un tiro di schioppo” da noi, se qualcosa si staccasse, e avesse delle dimensioni di rilievo (Evento, purtroppo, non escludibile), ci accorgeremmo del suo arrivo solo qualche istante prima dell’impatto. 

Altra cosa sono gli sciami meteorici, la cui origine è da riscontrare nella costante espansione del raggio terrestre (Confermata dalla NASA e poi smentita, per compiacere i sostenitori della Tettonica a Zolle) e nella proporzionale dilatazione della volta, altrimenti la pressione atmosferica schiaccerebbe tutto. Nell’immaginario comune, quando ricorrono i periodici sciami più noti (Leonidi, Geminidi, Perseidi e Quadrantidi), fanno pensare che siano sempre gli stessi che si ripresentano. I frammenti, invece, si staccano continuamente tutto l’anno, e sono un’ottantina, le classificazioni più note, divise per gradi: Debole, Medio, Forte, Irregolare e Radio. 

La singolarità di questa parte di volta (Che sovrasta “l’orizzonte occidentale”) è la sua chiusura ermetica. Non è, quindi, che sia pericoloso attraversare le “Fasce di Van Allen” per le “radiazioni” (In vero, un modesto strato di plasma sul quale si riflette, ruotando, tutto ciò che si vede in cielo), oltre non si va proprio, se non per “capocciare” contro la volta stessa. Non c’è continuità con quell’Abisso che collega i due Poli opposti «Fra le voragini della terra ce n’è una, che è la più grande di tutte, e che passa attraverso tutta la terra…». Tutto inizia e, termina, sul quinto “guscio”, collegando solo quelli interni. Questa parte di Ecumene geografica, che a tutti gli effetti è una “prigione”, è un’altra tappa di quella “maturazione” iniziata tanto tempo fa nel “seno di Madre Terra”. Se qualcuno ha prestato la dovuta attenzione ai suggerimenti e, soprattutto al “Libro dei (Cosiddetti) Morti” egiziano, avrà compreso che l’accesso al “guscio” superiore è solo dalla parte opposta (Divisione del Duat nella “quinta caverna”). Il libro dell’Am-Duat specifica che il (Presunto) defunto, per salire in Cielo (Guscio superiore), doveva passare dall’orizzonte occidentale a quello orientale («[…] delle due superfici piane una è quella su cui insistiamo noi [Orizzonte occidentale], l’altra invece è quella che si trova opposta a essa [Orizzonte orientale]»), e la via che conduceva direttamente in “Cielo”, passava in mezzo alle gambe di Nut. 

Salire sul dorso di Nut, significa esattamente, trovarsi sul piano del guscio superiore, ma questo è possibile solo agli “Imperituri” che vivono dall’altra parte, i quali, evidentemente, hanno raggiunto e superato il periodo di “maturazione” nell’orizzonte occidentale. Affascinante, ancora una volta, la descrizione che Platone fa del “guscio” superiore: «Noi non siamo capaci di attraversare l’aria e giungere fino all’estrema superficie di essa. Infatti, se qualcuno giungesse agli estremi confini dell’aria, o se, messe le ali, riuscisse a volare fino lassù, levando il viso fuori dall’aria, vedrebbe le cose di là, così come i pesci, levando il capo fuori dall’acqua, vedono le cose di qua; e se la natura fosse capace di sostenere una tale visione, conoscerebbe che il vero cielo, la vera luce e la vera terra sono quelli (“Fedone” 100 C – 110 A)». 

Non mi dilungo oltre sulle «[…] numerose cavità di ogni forma e di ogni grandezza», laddove ci sarebbero «[…] molti altri uomini che abitano… all’interno della Terra», né su quelli che «[…] abitano “sulle sponde dell’aria”», perché il senso del discorso, fatto in precedenza, è già di per sé comprensibile e salto direttamente al punto definitivo. 

Il

Il Sole e la Luna. Per quanto già detto, dovrebbe essere abbastanza chiaro a tutti che il Fuoco Centrale è il vero e unico Sole, il quale spande il suo riflesso (Riflesso primario) da una parte e dall’altra della cavità (Abisso), permettendo, così, il manifestarsi della vita ai Poli opposti. Il riflesso primario non è visibile, giacché rifratto dall’atmosfera. È solo il riflesso secondario che è visibile in cielo, pur tuttavia, sarebbe possibile individuare facilmente e, con precisione, la sua fonte diretta, attraverso triangolazioni, se solo la cartografia fosse, altrettanta precisa. Quello che è stimabile per dimensioni e quota, è solo approssimativo: un diametro dai 40 ai 60 Km e una quota dai 6.000 agli 8.000 Km, indicante anche la parte esterna di quel plasma che ricopre la volta solida «Consolidato sarebbe il cielo, da aria condensata dal fuoco, in forma cristallina». Dovrebbe essere altrettanto chiaro che, levata e tramonto, sono solo effetti ottici dovuti alla prospettiva. 

Per quanto riguarda la Luna, si può solo dedurre che sia un corpo artificiale, in accordo con due semplici principi. Siccome siamo in un ambiente ermeticamente chiuso, nessun oggetto naturale, può essere stato “catturato” dall’esterno, e non può essersi formato secondo le assurdità ipotizzate e proposte dalla scienza ufficiale. In ogni caso, non solo i miti di diversi popoli sostengono “una Terra senza Luna”, in un indeterminato periodo della loro storia, anche diversi scienziati sono stati concordi con tali assunti (Per esempio: in “The Australian Geologist” – 31/12/2000, i geologi australiani confermano «Una Terra precambriana priva di Luna!»). Siccome è possibile che, tra le tante finte missioni lunari, qualcuna sia stata indirizzata sul vero corpo della Luna, che sanno benissimo com’è fatto e dove si trova, tipo la missione “Apollo 12” del 1969, numerose sono state le polemiche sorte attorno a quelle “onde d’urto rilevate”, che “hanno sconvolto gli scienziati”, giacché «La Luna avrebbe risuonato come una campana per più di un’ora. Secondo la NASA, la Luna avrebbe reagito come un gong… Gli strumenti sismici registrarono riverberi che sono durati per tre ore e venti minuti…». Molti quotidiani hanno dedicato, negli ultimi quarant’anni, articoli a quest’evento titolandoli, per esempio, “La Luna è artificiale?“, con un’apertura che è tutto un dire: “E se la Luna fosse cava al suo interno e fosse inoltre opera dell’uomo?“. Asimov scrisse nel 1963: «Che diamine ci fa la nostra Luna là fuori? È troppo lontana perché sia un vero satellite della Terra, e troppo grande per essere stata catturata dalla Terra».

E ora, sbizzarritevi come più vi aggrada…

Vi lascio con una caramella dalla forma e dal nome (Non a caso) singolari: «Doveva essere lanciata nel 1939 (1+9+3+9 = 22!), ma l’inizio della guerra ritardò il lancio di circa dieci anni. La prima produzione fu avviata il 15 aprile 1948 (1+9+4+8 = 22!) dall’azienda britannica Rowntree’s. Oggi è a marca Nestlè». Il suo nome è “Polo” e lo slogan che l’ha sempre contraddistinta è: “Polo, il buco con la … menta … intorno“!

Un profondo e sentito ringraziamento al Filosofo Daniel Zarpellon per gli spunti bibliografici.